la calle romana

11la calle romana fue construida para fines militares , politicos y commerciales. Se cavò una zanja profuna 45-60 metros que estaba llena de stratos de tierra , piedra y arena. Despuès estaba cubierto con grande losas poligonales. fueron amplias de 4 a 6 metros para que pudieran cruzar dos carros.
En vìas pùblicas se colocarin tambien los mojones.

Roman roads

roman radsRoman roads were built for military, political and commercial purposes. Its constructioin ensured the growth of the empire because the army could move quickly. With the name “viae” were indicated the roads that left from Rome. Roman roads were designed by “gromatici”, men who used a groma, a tool used to draw perpendicular alingnements which divides equally territories. The gromati delimited a square called centuria. Inside this square two axes were plotted, the decumanus maximus and cardo maximus. The creation of roads at the beginning was spontaneous and was named after the city which led to. To build the roads Roman gromati dug a deep trench about 45-60 cm, which was filled witch successive layers of earth, stone and sand. Until they reached the ground level. The whole was cemented with mortar. Then they were coverd with large slabs of poligonal basalt or limestone.

Roads had sidewalks with small caves whitch collected rainwater; an example of a roman road is the Appian way, created by Appio Claudio in 312 b.C.

In the Roman Forum there was the general map of the roman consultar road.

On public roads, there were “miles stones” where the name of the magistrate or emperor who had built or restored a road, was written. They were high 2.50 m and 2.00 in circonference. These stones were built with limestones or marble tiles.

Le strade romane

La strada romana era stata costruita per scopi militari, politici e commerciali e la sua costruzione garantiva la crescita dell’impero. La creazione delle strade fu inizialmente spontanea, e prese normalmente il nome dalla città alle quali conducevano.

Erano pensate per durare a lungo: prima di tutto veniva scavata una trincea profonda circa 45-60 cm che veniva riempita con successivi strati di terra, pietra e sabbia fino a raggiungere il livello del terreno. Il tutto veniva cementato con la calcina. Poi venivano rivestite di grosse lastre poligonali di basalto o calcare incastrate perfettamente tra loro; gli interstizi erano riempiti da brecciolina . Questi profondi letti di pietre sbriciolate servivano anche per far sì che le strade rimanessero asciutte, in quanto l’acqua sarebbe filtrata attraverso le pietre, invece di tramutare in terreni argillosi e in fango. Erano larghe dai 4 ai 6 metri, così che si potessero incrociare due carri, e talvolta ai lati vi erano dei marciapiedi lastricati.strade romane

Le legioni fecero buon uso di queste strade, ed alcune sono tuttora utilizzate, dopo ben due millenni. Un proverbio popolare recita che “tutte le strade portano a Roma”. Le strade Romane erano disegnate in quel modo per ostacolare le province dall’organizzare una resistenza contro l’Impero.

Viaggiavano su di esse non solo uomini o animali a piedi, ma anche veicoli, i quali possono essere suddivisi in cocchi, diligenze e carri. I cocchi trasportavano una o due persone, le diligenze un gruppo mentre  i carri servivano per le merci

Nel tratto corrispondente all’attuale corso Palladio, la strada assume la funzione di decumanus maximus, cioè di principale asse est/ovest dell’impianto urbanistico, e ad essa si adeguano le nuove strutture pubbliche e private che segnano la compiuta romanizzazione e monumentalizzazione di Vicetia, specialmente dopo il 49 a.C.

I Cippistrade romane

Sulle vie pubbliche ad ogni miglio erano collocati, almeno dal III secolo a. C., cippi in pietra inscritti redatti con uno stile di abbreviazioni e sigle.con indicazione delle distanze progressive dal punto di partenza che in epoca repubblicana, nel corso delle strade che uscivano da Roma, era la porta nella cinta delle mura Serviane o il confine del Pomerio. Inoltre  riportavano il nome e le titolature del magistrato o dell’imperatore che aveva fatto costruire o restaurare .la strada, che in epoca repubblicana, nel corso delle strade che uscivano da Roma, era la porta nella cinta delle mura Serviane o il confine del Pomerio. Questi cippi erano alti 2.50 m in altezza e 2 di circonferenza; generalmente erano in calcare o in marmo pregiato. Augusto, forse riprendendo una più antica tradizione, nel 20 a. C. Pose nel Foro un miliario rivestito di bronzo dorato, da cui il nome di miliarium aureum, che indicava le distanze da Roma delle principali città dell’impero.

Nel corso del II secolo a.C. Il centro abitato entrò nell’orbita di Roma e la costruzione della via Postumia facilitò un notevole sviluppo che portò, nel 49 a.C., al riconoscimento dello status di municipium.

Vicetia romana era dotata di un sistema viario ortogonale, con il Foro in posizione centrale, e di alcuni edifici pubblici, fra i quali un importante teatro del quale rimangono pochi resti architettonici nella parte meridionale, perlopiù inglobati negli edifici successivi.

Corso Palladio, porzione interna della via Postumia, corrisponde infatti al decumano massimo e le altre strade del centro sono disposte perpendicolarmente a questo asse centrale  del centro cittadino.

E’ possibile osservare il tipico basolato, pavimentazione stradale in pietra vulcanica, in un ambiente sottostante la cattedrale , vicino alla chiesa di San Lorenzo oppure in corso Palladio all’interno del palazzo del Comune di Vicenza.

Palacio Caldogno Da Schio

El palacio Caldogno Da Schio está en la avenida Palladio y fue construido a mediados del siglo catorce por la familia Caldogno, y lo completó la familia Dal Toso en 1477.
El palacio se llamaba “Cà d’oro” porque estaba decorado con capiteles dorados.
La esquina de la izquierda fue gravemente dañada por los bombardeos de 1944, pero fue reconstruida utilizando el material recuperado.
El patio cuadrilateral está diseminado de inscripciones paleovenetas y romanas y lápidas.
En la entrada y en el patio hay una colleción de restus arqueológicos, recogida por el conde Giovanni Da Schio en 1800.

Caldogno Da Schio Palace

Caldogno Da Schio palace is stand in Palladio main street and it was built in the middle of 1400 from the members of the family Caldogno, and it was finished from the family Dal Toso in 1477.
The palace was called “Cà d’oro”, like the most famous palace in Venice, because it was decorate with gold capitals.
The left corner of the building was seriously dannaged by the bombing of the 1944, but it was rebuilt in the first postwar period by using the recovered stuff.
The court quadrilateral is dotted from inscriptions paleovenete and roman and gravestone.
In the hall and in the garden there is a large collection of archaelogics finds, made by count Giovanni Da Schio in 1800.

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Ca’ d’oro, Venice

Palazzo Caldogno Da Schio

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Il Palazzo Da Schio si trova in corso Palladio, fu costruito dai membri della famiglia Caldogno verso la metà del ‘400, lo completarono poi i Dal Toso nel 1477.
La facciata venne completata nel 1566, su disegno di Andrea Palladio, ma gli affreschi che la abbellivano ora sono andati perduti.
In origine il palazzo veniva chiamato “Cà d’oro”, come il più celebre palazzo di Venezia, perché era ornato di capitelli e rosette dorate, ora scolorite.
L’angolo sinistro dell’edificio fu gravemente danneggiato dai bombardamenti del 1944 ma fu ricostruito nel primo dopoguerra riutilizzando, per quanto possibile, il materiale precedentemente recuperato.
La facciata sinistra presenta due ordini di balconcini e finestre simmetriche quadrifore e al piano inferiore si trova un bugnato rustico. Il piano nobile è formato da quattro semi-colonne di declinazione corinzia e da tre finestre sormontate da un frontoncino triangolare.
Il portale del piano terra, di stile rinascimentale, è opera di Lorenzo da Bologna e l’arco sovrastante presenta una cornice a foglia grassa, ghiera e pilastrini con motivi floreali.
La corte quadrilatera è disseminata di iscrizioni paleovenete e romane e lapidi.
Nell’androne d’ingresso e nel cortile si trova una vasta raccolta di reperti archeologici, effettuata dal conte Giovanni Da Schio nel 1880, si tratta di anfore, epigrafi, pietre miliari e un sarcofago del V secolo, a testimonianza della moda dell’ ‘800 di collezionare reperti classici.